C’era una volta la guerra: il tramonto dell’era dei conflitti armati

c'era una volta la guerra

Correva l’anno 2025, le lancette del kairos apocalittico si fermarono pochi secondi prima del rintocco fatale..
La specie umana aveva consumato ogni badile per la propria fossa…Nonostante si preannunciasse l’estrema unzione generazionale, non si prospettava accordo nemmeno sul epitaffio testamentario…

In questo contesto, negli ultimi storici conflitti bellici internazionali russo-ucraino e Israelo-palestinese, gli scontri andavano molto oltre i confini territoriali coinvolti ed erano notevolmente più articolati ed estesi su scala globale.

Fu uno scontro ideologico tra civiltà con valori etico morali differenti.

Nelle variegate società del tempo, pur essendo mescolate e trasversali, si potevano distinguere prevalenti correnti relisofiche.

  • Kairos: antico termine greco indicante, momento opportuno o di crisi e di un tempo qualitativo, contrapposto a quello quantitativo, kronos.
  • Epitaffio: iscrizione sepolcrale
  • Relisofiche: da relisofia, termine sincretico indicante il sistema di credenze(religione) in connessione al personale modo di pensare (filosofia)

La tendenza al primitivismo culturale era nella sua accezione negativa, prepotentemente diffuso in tutto il mondo. Si manifestava in particolare in alcune aree geografiche, sotto forma esplicita di governance, in regimi dittatoriali e autocrazie ma anche nel resto del mondo era presente in forme implicite, rendendole difficilmente riconoscibili.

  • Primitivismo: di carattere o tendente al primitivo comportamento umano istintivo

Le traballanti democrazie dell’epoca, erano in minoranza numerica tra la popolazione mondiale, ma nel complesso buona parte di esso aspirava al raggiungimento di quella forma di governo emanante fragranze di giustizia e libertà.

Gli stati democratici, nonostante il loro invitante sviluppo economico, si presentavano tuttavia deboli ed impacciati politicamente, in quanto rallentati da un sistema burocratico disfunzionale. Erano inoltre poco incisivi all’interno dello scenario globale, poiché estremamente frazionati quei governi liberali erano privi della forza aggregativa necessaria a fornire un impatto decisivo a qualsiasi iniziativa.
In merito alle guerre che imperversavano, le Società democratiche del tempo erano divise al loro interno principalmente da 2 fazioni schierate: chi premeva per la libertà con la difesa armata e chi reclamava la pace, obiettando all’uso della violenza.

La caduta del muro del terzo millennio si stava delineando

Stavano emergendo le cause delle contrapposizioni e le idee per porre rimedio alle fratture che andavano aggravandosi.

Queste prese di coscienza minavano direttamente le fondamenta di quel muro psicosociale che poneva le persone le une contro le altre.
La dinamica intersoggettiva dell’epoca induceva ad una logica binaria e ristretta, dettata dagli #SchieraMenti ideologici: nonostante a livello teorico si contemplasse già il rispetto per la diversità di opinione, nella pratica, qualcosa ne impediva l’attuazione.

Le fazioni si contrapponevano aspramente e non c’era realmente spazio per visioni alternative ai due poli opposti. Quei pochi che si “chiamarono fuori” da ogni schieramento come #LiberiPensatori, venivano investiti da disapprovazione e definiti in senso dispregiativo “neutralisti”, inteso come “indifferenti”. Certo non era in toto un neutralismo emotivo, ma mentale, il medesimo che oggi consideriamo la condizione indispensabile per esercitare pensiero critico e discernimento imparziale.
Per noi è normale abitare idee diverse (senza per questo considerarci nemici) e prendere posizione senza doverci allineare ad uno schieramento di appartenenza predefinito, ma non è scontato possedere la consapevolezza, che queste diverse peculiarità costituiscano un valore di base per una società civile evoluta.

Un nodo cruciale che impediva la pace e sosteneva le guerre era tanto ovvio quanto estremamente complicato da sradicare: la sudditanza dei popoli al giogo dell’élite di potere che imponeva ordini di morte.

Sarebbe bastato poco per disobbedire in massa all’esiguo gruppetto gerarchico. Come mai allora questo meccanismo si perpetrava indenne nel corso dei secoli ?
La predisposizione succube delle folle si otteneva principalmente attraverso l’imprinting al modello eroico di sacrificio, un modello di “martirio nazionalista” il culto del macismo, del combattimento ad oltranza sino all’immolarsi per onore della patria.

Com’era possibile una tale condizione di dissonanza cognitiva?

  • Dissonanza cognitiva: si intende una dissociazione mentale tra la realtà e il comportamento che determina abitudini o atteggiamenti contraddittori.

Il modello eroico a cui si erano conformati fin dalla prima infanzia gli esseri umani, forniva il senso identitario e la giustificazione esistenziale all’assurdità di farsi uccidere e di uccidersi a vicenda, inoltre una volta categorizzati “loro” come “nemici”, avveniva una dicotomia mentale tale per cui, non si colpivano esseri umani ma simboli idealizzati del male; la deumanizzazione.

  • Deumanizzazione: ogni qualvolta ci si rapporta ad una persona come se fosse il simbolo idealizzato del male in quanto collocata in una categoria disprezzata

Basti notare l’alimentazione per comprendere il contesto umanamente dissociato della consapevolezza media dell’epoca.
Mentre si consideravano componenti della famiglia gli animali domestici, contemporaneamente una mole impressionante di carne procapite veniva consumata abitualmente senza che ci si preoccupasse minimamente di cosa questo potesse comportare in termini di sofferenza per i poveri esseri, che non solo per motivi alimentari ma anche molto più futili, venivano rinchiusi in allevamenti intensivi e ritenuti sacrificabili ai bisogni di una presunta specie superiore. Con il medesimo atteggiamento antropocentrico non si dava peso all’inquinamento ambientale propagato, i nostri fratelli animali erano trattati come materia, utilizzati come mezzi di profitto e madre natura, considerata al pari di una proprietà.

  • Antropocentrico: prospettiva dove tutto è in funzione e a misura d’uomo.

In questo scenario agghiacciante, privi di #EticaEcoLogica nei confronti di altri esseri senzienti, non sorprende quindi che i nostri avi abbiano deumanizzato anche i propri simili, collocati (mentalmente) dall’altra parte della barricata.

L’evidente violenza della guerra non poteva essere dissolta senza che ci si occupasse della violenza strutturale e culturale, in quanto interdipendenti

Gli stati erano alle prese con modelli di democrazia anacronistici che erano stati in precedenza, l’espressione primaverile delle civiltà ma che si erano nel corso del tempo, di fatto, svuotati dalla propria linfa vitale; ovvero l’indispensabile partecipazione popolare, avvizzendo perciò, come rami secchi.

Per far rifiorire le democrazie occorreva un rinnovamento, pari alla sete di pioggia di un terreno arido.

Il sistema strutturale di allora non era ancora a cerchi interconnessi ma piramidale, vi erano ancora i “partiti” ossia raggruppamenti politici tenuti a rappresentare il popolo, nonostante la loro stessa impostazione di fondo fosse incompatibile a tal fine, poiché si pretendeva di potersi coalizzare sulla base di una ideologia comune, non tenendo conto delle tante sfumature di pensiero dei suoi componenti.

Piuttosto di concentrarsi a realizzare scopi comuni mirati utilizzando tutte le idee disponibili armonizzandole, si tentava di convergere in massa a dogmatiche ideologie stagnanti.

Il cuore del problema principale delle democrazie non erano tanto i valori di base, già emersi, quanto la non corrispondenza ad essi a livello strutturale e culturale, uno per tutti, il sistema elettorale che imbarcava acqua da troppe falle per poter rimanere a galla.

Nelle votazioni non ci si basava sull’assenso ma sul consenso e si utilizzava la logica del prevalere della maggioranza numerica a discapito delle minoranze.
Si considerava normale che ci fossero vincitori e vinti. Non si riusciva a realizzare un sistema decisionale inclusivo ed efficiente implementando con metodi trasparenti ed efficaci come quello fornito dalla sociocrazia o integrando le democrazie ispirandosi all’etica politica della omnicrazia.

  • Sociocrazia: approccio sistemico inclusivo che guarda all’organizzazione e al processo decisionale, formata da cerchi collegati tra loro dove ogni voce viene ascoltata.
  • Omnicrazia: potere dal basso e di tutti. Con forte connotazioni etiche, deve essere intesa come una più avanzata e più aperta democrazia; in essa tutti devono poter partecipare alla discussione pubblica, senza distinzioni.

Il 2025 fu l’anno della sveglia delle coscienze..

Giunta fino sulla soglia dell’oblio, l’umanità si era imbarcata in una via senza ritorno. Ogni stato, anche i più pacifici, avevano aumentato a dismisura gli investimenti militari.

Era come se tutti volessero metter legna da ardere al rogo di se stessi.

Pareva una escalation delirante che puntava diritto al baratro, ma fu a quel punto cruciale che le genti cominciarono a levarsi, rendendosi conto delle condizioni reali in cui versavano, dando inizio ad una vasta riconversione: proteste, manifestazioni, scioperi, massicce obiezioni fiscali e tante altre iniziative civili nonviolente costrinsero i governi ad invertire la rotta.

Ed ecco come una imminente tragica fine spalancò invece le porte della grande manovra di svolta verso il tragitto del cambiamento.
Era stata imboccata la direzione che condusse all’assetto della società odierna così come la conosciamo oggi.

  • Obiezione fiscale: disobbedienza civile di protesta consistente nel non pagare imposte a governi che investono proventi pubblici in maniera non eticamente condivisa, come gli armamenti.

Sulle macerie ideologiche del vecchio mondo fu issata la nuova bandiera dell’identità planetaria.

Le guerre esistevano in conseguenza al diffuso e divisivo modo di pensare schierante, al modello eroico di martirio, al fenomeno della deumanizzazione e per tante altre ragioni concomitanti.

Mettere mano a tutte queste problematiche poneva la necessità di intraprendere un’impresa colossale ma il solo fatto di avere individuato e compreso le cause era già un enorme balzo in avanti.
Una redenzione coscienziale collettiva, scelse l’abbandono delle guerre e la coltivazione di una radicale riforma legislativa e socioculturale.

Calò il sipario sull’era delle guerre..

Oggi raccontare questa storia sembra una narrazione fiabesca. Un monito per insegnare ai bambini la differenza tra bene e male tenendo vivo il ricordo di un periodo tenebroso per l’umanità. Rievocando la nostra memoria possiamo dire “c’era una volta la guerra”, tenendo sempre a mente che questi ultimi cinquant’anni di pace non sono la regola nella storia dell’umanità bensì una eccezione da preservare.

Pertanto non dovremmo mai dare per scontato ciò che ci appare normale, poiché l’attuale “norma” è il risultato di un lungo processo che potrebbe regredire, se dovessimo smettere di voler migliorare.
New Planet Press – (2075)

Nelle prossime righe dell’epoca possiamo vedere come nei nostri antenati dei paesi democratici stava prendendo forma la presa di consapevolezza dei mali che li affliggeva e dell’indispensabile percorso di cura che si prospettava per emancipare l’umanità dalla sua stessa autocondanna.

Quale priorità, Pace o Libertà?

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2 commenti su “C’era una volta la guerra: il tramonto dell’era dei conflitti armati”

  1. Ho trovato il tuo racconto “ C’era una volta la guerra…” da “piccolo storico” futurista, molto elegante, interessante e anche didascalico, il che non guasta! Oltre che piccolo sociologo, piccolo filosofo-ricercatore esistenziale…(come ami definirti) direi anche “piccolo poeta”. In quest’ultima anima ha probabilmente influito il tuo passato di cantante (ho ascoltato alcune tue interviste). Mi è piaciuto molto il tuo riferimento alla *sociocrazia*, anche se faccio fatica ad immaginare una tale forma di governo su ampia scala (nazionale o sovranazionale), ma si potrebbe partire intanto a livello locale/regionale…a cerchi interconnessi. Ci sono parecchi concetti su cui potremmo confrontarci.. Per es. quando contrapponi il concetto di *libertà* a quello di *pace* (“chi premeva per la libertà con la difesa armata e chi reclamava la pace, obiettando all’uso della violenza.”); Mi chiedo: ci può essere pace (sia interiore che esteriore) senza libertà ? Possiamo parlare di libertà senza pace? E hanno senso entrambe se non c’è vita?
    Poi c’è tanto altro .. “schieramenti ideologici” “ “imprinting”…su cui ci sarebbe molto da dire, ma quello che conta é la possibilità di apertura a nuove chiavi di lettura che ogni punto di vista trasporta.

    1. Un commento fantastico Daniela (^;^) !!!!!!
      Grazie 1000^^^^^^
      Le tue domande sono tutte motivate, io temo di avere ulteriori quesiti, piuttosto che risposte decenti..
      In “quale priorità Pace o Libertà” qualcosa ho scritto, ma sono temi molto vasti per il mio punto di vista limitato, anche se tu sei stata molto generosa nel attribuirmi definizioni che non avevo mai neanche pensato di me stesso…
      Ho avuto e mi aspetto molte critiche che sono anche utili per migliorarsi, intanto non ti nascondo che questo tuo commento è un incoraggiamento di grande valore !!!!
      Un caro saluto

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