Libertà o pace? le priorità che ci dividono e la riscoperta dell’unità

libertà o pace?

Com’è possibile che, ad oggi, pace e democrazia appaiano contrapposte, quasi in antitesi? Che si tratti di priorità differenti è evidente !

Ma andiamo per gradi. Il fatto che ci si identifichi come pacifisti, non esclude certo dare importanza ai valori democratici e viceversa.

Ora cos’è cambiato?

In questo contesto di forti tensioni su scala globale la democrazia e il pacifismo, che “normalmente” si potrebbero collocare l’una a fianco dell’altro, in talune circostanze delineano 2 direzioni ben distinte.

Priorità democratica vs Priorità pacifista

Priorità democratica: indubbiamente la libertà, intesa come autodeterminazione. Certo, ci sono tanti altri valori democratici fondamentali, ma la differenza nell’approccio pacifista sta proprio nel fatto che di fronte all’impedimento della libertà che la guerra determina, l’impostazione democratica contempla e predispone l’uso delle armi a scopo difensivo.

La priorità pacifista, invece, esclude l’uso delle armi, propone una soluzione non violenta, centrata sul dialogo prima di tutto, sulla disobbedienza civile in varie forme ed interventi legislativi dai tratti non belligeranti.

L’attuale divisione: – chi vuole la libertà – chi vuole la pace sorge da priorità differenti che prendono una forma di appartenenza identitaria, la quale induce all’attrito e diviene una barriera che blocca 2 affluenti dell’ unico flusso della civiltà umana.

Incagliati nella trappola degli schieramenti siamo tenuti a scegliere tra la libertà e la pace. Non sarà come voler scindere due facce della stessa medaglia?

Ci siamo caduti, per l’ennesima volta, nelle sabbie mobili del “Noi contro Loro”.

Ed eccoci allo stadio mediatico a tifare come hooligans che se ne infischiano dello sport, dove l’importante non è partecipare ma vincere, anzi, certi “squadrismi” aspettano solo un pretesto per mettere a ferro e fuoco i loro bersagli.

Schieramenti e faziosità non sono certo di aiuto al pensiero critico. Al contrario lo ostacolano.

Sia ben chiaro, non mi riferisco a schieramenti quali scegliere bene – male / giusto – sbagliato/ o essere neutrali (che per molti è sinonimi di “indifferenti”). Mi riferisco a “schieramenti” intesi come aggregazioni ideologiche collettive, che tendono, quanto meno, al conformismo e al vedere il bene solo dal proprio lato e il male prevalentemente sul fronte opposto. Le logiche degli #SchieraMenti in questo video.

Potrebbe esistere una priorità comune per giungere ad una vita rivolta alla libertà e alla nonviolenza?

L’ispirazione per la risposta ideale potrebbe giungere da Gandhi, il quale puntava alla libertà come meta ed utilizzava la non violenza e la disobbedienza civile come strumenti.

Ma qual era la priorità per Gandhi, il mezzo o il fine?

In un primo momento si potrebbe pensare fosse la non violenza, essendo il Mahatma simbolo mondiale di tale filosofia di vita ma, ad una analisi più accurata, emerge una priorità decisiva, rimasta forse in ombra o non adeguatamente compresa.

E la libertà?

Il suo obiettivo e fine ultimo di tutto il popolo era proprio quello di diventare liberi, indipendenti ma, anche questo intento non fu perseguito in modo assoluto. Ad esempio Gandhi non si oppose agli anni di incarcerazione che subì. Questi stessi periodi resero più forte il suo messaggio e ancora più coeso il popolo che nella rinuncia alla libertà fisica del Mahatma vedeva il nobile sacrificio del loro leader.

Il sacrificio consisteva nella rinuncia a combattere con le armi e spesso alla rinuncia della libertà fisica.

Il nostro modello di “sacrificio” è molto diverso da quello perseguito dal gigante della non violenza. È un prototipo di eroe che non rinuncia alla lotta fisica. Secondo la nostra cultura chi si sottrae al combattimento è un vigliacco, pur avendo opzioni diverse per evitare lo scontro.

Il culto della forza fisica che tanto notiamo nell’aggressore ci è indigesto o anche noi ne siamo ghiotti e assidui cultori?

Siamo al confronto tra due modelli molto diversi.

Per Gandhi la forza da utilizzare non era certo la forza fisica, bensì la forza etica morale o potremo anche dire spirituale.

A questo punto dovremmo riconsiderare quel vecchio concetto di onore che ci trasciniamo, dettato dal nostro orgoglioso ego.

Fermiamoci un attimo e riflettiamo sul seguente interrogativo:

Quale giustizia, quale umanità e quale buon senso possono esserci nel versare sangue, quando si potrebbe evitare?

La risposta è affidata alla nostra coscienza.

Ma veniamo a cosa era irrinunciabile per il Mahatma.

Gandhi preservò sempre l’unità del popolo, che aveva bisogno di sentire appartenenza alla propria identità e coesione nella propria causa comune per raggiungere i propri scopi.

Unità? Forse ci suona un po’ retro’, ora sembra un valore molto sbiadito e obsoleto, quasi una chimera.

Eppure siamo tutti accomunati dalle stesse grandi problematiche ed è solo insieme che le potremmo risolvere: attraverso l’unità come priorità collettiva, senza distinzioni tra sinistra, destra o centro.

Gli impedimenti all’unità sono principalmente culturali.

Potremmo prendere posizioni personali senza sentirci in contrapposizione con chi la pensa diversamente, piuttosto che schierarci come squadre avverse.
Questa costituisce la zavorra più pesante che impedisce il volo verso la libertà e la pace. La divisione ci rende deboli, incapaci di produrre un risultato comune. È nello spazio della contrapposizione che si insinua la prevaricazione, che approfitta proprio del punto scoperto.

Non riusciremo a muovere azioni determinanti senza che si raggiunga una forte coesione collettiva.

Rimanendo focalizzati su ciò che ogni parte desidera maggiormente: libertà, pace, giustizia, benessere economico ecc.. non andremo lontano.

Più che su cosa vogliamo maggiormente, è prioritario il come arrivarci. E nel “come” l’unità emerge come priorità capitale.

In Gandhi così come in Mandela, Martin Luther King e tanti altri, troviamo gli esempi di come possono coesistere libertà e non violenza.

Mettendo al primo posto l’unità, per impedire la regressione civile in corso, ognuno dovrà fare un passo indietro che equivale ad andare avanti tutti per affacciarsi insieme ad un futuro migliore.

Non rinuncio a sognare un futuro guarito, dal quale osservare meglio questo presente lacerato (vai all’articolo “C’era una volta la guerra”).

Fausto Dalla Valentina

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